Vita da Backpacker, l’avventura sempre

 

Era l’anno 2009 e per caso (nulla capita per caso) mi ritrovai a guardare un video di Tiziano Terzani, nel quale il giornalista invitava i giovani a riprendersi la propria vita. Vivi una vita, una vita in cui sei tu, non una vita che gli altri vogliono per te. Quella frase rimbombò come un tamburo martellante nei giorni successivi e ripensando alla mia vita mi accorsi che, anche avendo un ottimo lavoro e non mancandomi nulla, non ero felice, non vivevo la Mia Vita”. Da quel momento in poi la vita di Marco è pian piano cambiata. Scopriamo in che modo nella seguente intervista.

 

 

Marco, nel tuo sito ti presenti così: “Ho viaggiato in parecchi angoli del mondo, percorso a piedi le montagne dell’Himalaya, girovagato in solitaria nell’India più nascosta, attraversato i pericolosi altopiani tra Etiopia e Sudan alla ricerca di popolazioni remote, esplorato con una canoa l’immensa Foresta Amazzonica dove fui iniziato a guerriero Mayorunas e guidato Safari overland in Africa”. Raccontaci qualche aneddoto legato ad una di queste avventure:

Mi trovavo in Amazzonia e durante la navigazione sul Rio Napo feci sosta in una piccola comunità indigena. Il capo villaggio era uno sciamano, i suoi occhi emanavano un’energia particolare, mi guardò e mi chiese se volevo partecipare al rito dell’ayahuasca. Senza sapere bene a cosa andavo incontro dissi subito di sì. Lo sciamano, dopo aver intonato un rito propiziatorio, iniziò con un collaboratore a pulire le radici della pianta magica, facendo bollire il tutto per quasi due ore in un enorme pentolone pieno di acqua. Il risultato fu una specie di liquido leggermente denso color caramello. Lo sciamano, coadiuvato da un ragazzo che suonava un piccolo flauto ricavato da ossa di aquila, intonò una canzone, scuotendo un mazzo di foglie secche. Fumando una pipa e invocando chissà quale divinità, soffiò il fumo dentro piccoli bicchieri nei quali era stato versato il liquido. Bevi, mi disse. Ricordo che il sapore era amaro, ma non cattivissimo. In una ventina di minuti, cominciai a stare male accompagnato da sensazioni stranissime, spersonalizzazione, vomito, dolori addominali. La mente volava, immagini allucinanti e allucinate, sdoppiamento della personalità, i miei pensieri correvano impazziti all’interno del cervello, il tutto accompagnato da un forte sottofondo che era la musica dello sciamano. Avvertivo che ero legato ad essa, quasi fosse un cordone ombelicale, tanto da avvertire la sensazione di non potermi staccare. La guida dello sciamano era vitale, sentivo che avevo bisogno di lui per tornare indietro. Ancora oggi non so se fosse stata reale o meno, ma ad un certo punto vidi una mano tesa verso di me ed una voce urlava TORNA. Non so quanto sia durato il tutto, ma quando riaprii gli occhi, ero steso a terra pancia all’aria e il cielo buio era illuminato da una miriade di stelle. Lo sciamano continuava a cantare, ma stavolta era un canto diverso, la sua voce soave e morbida mi riaccompagnò in un altro viaggio, stavolta più sereno e tranquillo, quello del sonno.

 

Quando e per quale motivo hai deciso di intraprendere questo stile di vita?

Era l’anno 2009 e per caso (nulla capita per caso) mi ritrovai a guardare un video di Tiziano Terzani, nel quale il giornalista invitava i giovani a riprendersi la propria vita. “Vivi una vita, una vita in cui sei tu, non una vita che gli altri vogliono per te”. Quella frase rimbombò con un tamburo martellante nei giorni successivi e ripensando alla mia vita mi accorsi che, anche avendo un ottimo lavoro e non mancandomi nulla, non ero felice, non vivevo la Mia Vita. Cambiare la propria vita dall’oggi al domani non è come cambiare t-shirt, ci vuole pazienza e determinazione, bisogna credere davvero nei propri sogni e non pretendere che le cose cambino se ci si comporta sempre nello stesso modo. E allora con sana determinazione ho cominciato a tramutare in azioni i miei pensieri. La mia vita, a poco a poco, stava davvero cambiando.

 

Qual è il viaggio che ti è rimasto più nel cuore?

Molti, ma l’esperienza in Amazzonia mi ha segnato, ovviamente in positivo, dandomi quel coraggio necessario per capire che ero sulla strada giusta e che era venuto il momento di dare una svolta alla mia vita. L’Amazzonia è qualcosa di più di un ecosistema, di una grande foresta pluviale, di un immenso paese da proteggere: l’Amazzonia è il nostro futuro. Durante quel viaggio ho avuto la fortuna di incontrare gli ultimi veri indios e condividere con loro momenti indimenticabili. Per quasi un mese non ho avuto contatti col mondo esterno e ho imparato a vivere in simbiosi con la natura, ritrovando quel cordone ombelicale che tutti noi abbiamo con Madre Natura. Se solo si avesse maggiore attenzione per la natura, se solo si capisse che siamo parte di essa e che se la continuiamo a distruggere, distruggiamo noi stessi, nel mondo tante cose andrebbero diversamente. I popoli indigeni che abitano le grandi foreste del mondo sono un patrimonio dell’umanità, sono portatori di conoscenze ancestrali, purtroppo anche loro se non li salvaguardiamo finiranno per scomparire.

 

 

Ci sono stati momenti in cui hai avuto paura per te?

Una volta in modo particolare, durante una spedizione antropologica in Africa ho temuto davvero per la mia vita. Mi trovavo sugli altopiani che dividono Etiopia e Sudan, in un territorio off limits anche per la polizia, alla ricerca di tribù poco contattate dall’uomo bianco. Ricordo quel giorno come fosse ora, ad un certo punto nella calma più totale fummo assaliti da guerriglieri armati di kalasnikov. Avevamo invaso i loro territori senza permesso! Ci invitarono a sedere sotto un albero, nell’attesa che venisse il loro capo per decidere cosa fare di noi. D’un tratto mi passò davanti agli occhi tutta la mia vita e le preoccupazioni delle persone che mi volevano bene. Avevo tanta paura, ma cercai di non darlo a vedere. Fortunatamente dopo circa un’ora arrivò il capo e dopo una lunga trattativa acconsentì nel farci attraversare il loro territorio dandoci addirittura una piccola scorta.

 

 

Cosa vorresti trasmettere attraverso il tuo diario virtuale: www.backpackeradventure.it/it/?

Backpacker Adventure è la mia creatura, il mio sogno divenuto realtà. Condividere le mie esperienze con gli altri e cercare di dare una mano a chi nei sogni ci crede, ma ha bisogno solo di quella piccola spinta per volare in alto. Ogni storia che racconto, ogni articolo che scrivo è spinto solo da una motivazione: mi fa stare bene, mi rende felice. Questo è quello che voglio trasmettere agli altri, il mio amore per la vita. I sogni si realizzano davvero, basta crederci, ma crederci davvero, crederci col cuore e non con la mente. Imparare a fare qualcosa non sempre e solo per fare soldi, ma farla prima di tutto perché ci fa stare bene e perché quando la vedi sei orgoglioso di te stesso.

 

Hai mai pensato di trasferirti definitivamente in un Paese estero?

Sì, nel 2006 mi sono trasferito in Brasile ed è stata un’esperienza incredibile. All’epoca avevo altre idee, altri progetti per la mia vita, ma ricordo quell’anno con grande gioia. Il Brasile è un Paese che mi ha fatto maturare molto ed è proprio grazie a quell’esperienza che ho capito che la mia vera strada non era per forza andare a vivere lontano dall’Italia per realizzarmi. L’Italia è un Paese meraviglioso, pieno di problemi, ma quelli ci sono dappertutto, basta solo saperne cogliere le giuste opportunità.

 

Hai viaggiato tantissimo, hai visitato luoghi incredibili, ma cosa ti lega all’Italia? Quali sono gli aspetti del tuo paese di origine che non hai trovato altrove?

Le radici. Sono napoletano e sono molto legato alla mia città, anche se oggi vivo in un’altra città italiana. Mi piace definirmi un cittadino del mondo, riesco ad adattarmi facilmente in qualunque luogo, ma quando sono in Italia mi sento a casa ed è bellissimo. Usando una metafora, è come il legame inscindibile che unisce una madre al proprio figlio.

E poi in Italia abbiamo la cucina migliore del mondo, le donne più belle, gli artisti più completi, nulla da invidiare a nessun paese del mondo per paesaggi naturali e patrimonio culturale. Sono orgoglioso di essere italiano.

 

 

Quali sono i tuoi prossimi viaggi in agenda?

Una spedizione antropologica nella foresta di West Papua, la regione indonesiana dell’isola di Nuova Guinea. Qui vive il piccolo popolo indigeno dei Koroway, contattato dall’uomo bianco per la prima volta nel 1974, fino ad allora gli indigeni ignoravano l’esistenza di altri popoli sulla terra. Questi ultimi vivono tuttora sugli alberi, fino ad altezze di 45mt e sono portatori di importanti conoscenze ancestrali. Il mio progetto è quello di raggiungere alcune tribù integre che vivono isolate nella foresta. L’ultima spedizione in questo territorio risale al 2009, quando un esploratore australiano riuscì a spingersi dove prima mai nessuno era riuscito. Il maggiore ostacolo difatti sarà muoversi in un ambiente ostile, caratterizzato da pianure acquitrinose ed impervie montagne soggette a continue piogge, sperando poi di essere accettato dagli indigeni. Una grande avventura che sarà finalizzata alla produzione di un film documentario.

 

www.backpackeradventure.it/it/

 

 

A cura di Nicole Cascione

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