La fuga all’estero dei ricercatori italiani

Secondo una recente indagine sulla mobilità geografica dei dottori di ricerca, condotta dall’Isfol e riferita all’anno 2012, sempre più giovani italiani preferiscono trasferirsi all’estero, alla ricerca di condizioni economiche più favorevoli. L’indagine rivela che i ricercatori italiani che risiedono all’estero percepiscono un reddito netto doppio rispetto ai colleghi che restano in Italia, pari quasi a circa 10mila euro in più all’anno in busta paga. Sempre in termini economici, la situazione muta anche all’interno del proprio Paese, infatti l’indagine Isfol, rileva che lo stipendio di chi lavora nella propria città è inferiore del 13% rispetto a chi si trasferisce in altri posti d’Italia.

 

Un altro dato riguarda la diversità di genere. Infatti, emerge che gli uomini guadagnano il 19,6% in più rispetto alle donne. Ed ancora, dall’indagine è emerso che chi si trasferisce all’estero trova molto più facilmente lavoro, infatti è pari al 95,4% il tasso di occupazione dei ricercatori italiani residenti all’estero, contro il 94,9% di chi si è trasferito in un’altra regione italiana e il 91,9% dei dottori di ricerca che vivono nella stessa regione. Cambia anche il grado di soddisfazione di questi ricercatori, infatti il 97% di chi è espatriato si dice molto o abbastanza soddisfatto, a differenza dell’88% dei colleghi rimasti in Italia. I settori dove si percepisce di più sono quelli legati alle scienze mediche, farmaceutiche e veterinarie; mentre quelli dove si percepisce di meno sono legati a percorsi umanistici e psicosociali. Ultimo dato utile che emerge dall’indagine Isfol, con un accento negativo per quel che concerne l’estero, riguarda il tipo di contratto per i ricercatori espatriati. Per i dottori di ricerca italiani all’estero, infatti, il 30% ha contratti a tempo determinato e il 27% di collaborazione, mentre chi è rimasto in territorio italiano ha, nel 52% dei casi, un contratto a tempo indeterminato.

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