Rispetto delle tradizioni e della religione: Diana e l’Arabia Saudita

 

Arabia Saudita, territorio ad oggi ancora avvolto da un alone di mistero. Un affascinante spettacolo di una società che si destreggia tra credenze religiose profondamente conservatrici e la modernità conseguente al boom del petrolio; donne ancora costrette ad una vita a metà; meravigliosi paesaggi mozzafiato e molto altro ancora. Lo sa bene Diana, trasferitasi in Arabia per seguire suo marito, che si è trovata di fronte ad una realtà del tutto nuova, soprattutto per una donna occidentale.

 

Diana raccontaci qualcosa di te…

 

Vivevo e lavoravo a Milano. Avevo un lavoro di responsabilità in ambito amministrativo in un gruppo quotato, ma che alla fine era una pausa tra un viaggio e l’altro! Erano anni che io e mio marito ci incontravamo e salutavamo negli aeroporti di tutto il mondo, incastrando i rispettivi giorni di ferie (i miei molti meno dei suoi) e vedendoci tutti i giorni con Skype. Ero ormai un’esperta di piani telefonici e offerte! Prima di allora non ero mai potuta entrare in Arabia Saudita, perché è forse l’unico Paese che non concede visti turistici, pertanto non avendo legami familiari (prima di sposarci) né sponsor di lavoro, non sono mai potuta venire qui prima, neanche per un giro di ricognizione! Ovvio che appena è stato possibile, ci siamo sposati e sono venuta qui. Sono arrivata in Arabia Saudita esattamente un anno fa, a settembre. Ho raggiunto mio marito che lavorava qui già da 6 anni. Per le pratiche burocratiche sono stati necessari un paio di mesi: ho dovuto fornire la traduzione di alcuni documenti sia in inglese che in arabo, il certificato penale e addirittura le analisi del sangue! Dopodiché ho finalmente ottenuto il visto e sono salita su un volo di sola andata. Avevo un bagaglio di 33kg ed avevo con me solo l’essenziale!

 

Hai lasciato un ottimo lavoro in Italia per seguire tuo marito. Hai mai avuto rimpianti in tal senso?

 

Assolutamente no. Ho fatto una discreta carriera, a fasi alterne ho avuto molte soddisfazioni e altrettante delusioni. Sappiamo bene quanto il mondo professionale in Italia si basi su criteri personali, anziché parametri oggettivi e quanto le donne debbano ancora fare il doppio della fatica di un uomo per ottenere gli stessi risultati. Questo ormai lo dicono tutti, ma nulla cambia. Ad un certo punto della vita e al secondo matrimonio, le priorità sono cambiate e ho capito che volevo dedicare la maggior parte del mio tempo alla mia sfera personale, anziché a quella lavorativa. E così ho fatto. Ho dato le dimissioni e sono venuta in Arabia Saudita.

 

Qual è stata la reazione di chi ti era più vicino, di fronte a questa drastica scelta di vita?

 

La mia famiglia ha capito, alcune persone che mi sono vicine mi hanno appoggiata, ma la maggior parte della gente sgrana gli occhi! In molti considerano una follia lasciare un bel lavoro, ben retribuito, soprattutto in questo periodo di crisi, oltre al perdere l’indipendenza economica. Già perché in Arabia Saudita non è facile per una donna lavorare ed avere un lavoro come quello che ho lasciato, è praticamente impossibile. Le donne saudite sono state autorizzate a svolgere qualsiasi lavoro solo da un paio d’anni, prima potevano fare solo il medico o l’insegnante, quali uniche professioni considerate onorevoli per una ragazza. Oggi possono teoricamente fare qualsiasi lavoro, ma in pratica dipende sempre dalle possibilità concesse dalle loro famiglie. I negozi di biancheria intima possono impiegare solo ragazze, ma l’ingresso è riservato alle famiglie e vietato agli uomini soli. Molte anche le ragazze che lavorano in cassa nei supermercati, anche queste riservate alle famiglie o donne sole. Per le donne occidentali le opportunità lavorative sono molto limitate. Ci sono possibilità sempre nel campo della sanità (medico o infermiera) o dell’istruzione (come insegnante in scuole femminili) o altri lavori amministrativi in contesti con contatti internazionali. Qui ci sono molte occasioni per personale qualificato, a patto di conoscere bene l’inglese (la conoscenza dell’arabo non è assolutamente necessaria) e di essere un uomo. I settori di maggior impiego sono quelli del petrolio, dell’impiantistica e di ingegneria. In Arabia Saudita sono presenti alcune grandi compagnie italiane che operano in questi settori, oltre a numerose compagnie statunitensi e britanniche, Paesi con i quali l’Arabia Saudita ha stretti rapporti anche governativi. Io non so se in futuro vorrò o dovrò tornare a lavorare, in ogni caso sono certa che questa esperienza sarà un valore aggiunto e non un punto a sfavore (se non altro per la lingua inglese, che qui è la lingua di tutti i giorni).

 

 

Qual è stata la prima emozione che ti ha colto quando sei arrivata in Arabia Saudita?

 

L’emozione di trovarmi in un posto davvero remoto, nel quale la maggior parte delle persone non può entrarvi, proprio a causa della mancanza di visti turistici. E’ un Paese che vuole un forte isolamento dall’occidente, che mantiene tradizioni molto conservatrici. La vita quotidiana è molto diversa da quella a cui siamo abituati. Intanto qui gli occidentali devono vivere in un compound, cioè dentro a dei villaggi recintati da importanti sistemi di sicurezza; il consumo di alcool e di carne di maiale è illegale e vige una severa segregazione tra i generi. La condizione della donna in particolare è molto diversa: le donne non possono guidare, non possono accompagnarsi a persone che non siano familiari stretti e non possono nemmeno mostrare il volto a persone fuori da questa cerchia, almeno per le saudite. Per tutte le donne, occidentali comprese, è fatto obbligo di indossare l’abaya (la lunga tunica nera che compre dal collo in giù) in pubblico, mentre le sole saudite indossano anche il velo e la maggior parte di esse, indossa anche una maschera che lascia scoperti solo gli occhi. Le più conservatrici indossano anche dei guanti neri. Devo dire che di recente sono sempre di più le ragazze che non indossano la maschera, forse la possibilità di lavorare, concessa di recente, ha dato loro un barlume di emancipazione.

 

  

Quali sono state invece le maggiori difficoltà che hai affrontato e con cui ancora ti scontri?

 

La vita qui non è così difficile, almeno per noi occidentali. Anche se ci sono molte limitazioni e difficoltà oggettive oltre a temi di sicurezza, le compagnie che impiegano occidentali tendono a dare molti benefit a compensazione delle mancanze. Nella pratica, ad ogni difficoltà corrisponde una soluzione. Per esempio, noi donne non possiamo guidare, ma il compound mette a disposizione dei bus che portano nei luoghi utili della città. Ma poi, francamente, dopo anni di tangenziale di Milano, il guidare non mi manca proprio! E’ ovviamente fondamentale lo spirito di adattamento, ma noi italiani siamo abbastanza bravi in questo. Ci sono alcune sfumature della cultura di questo posto che non sono nemmeno facili da spiegare, se non vengono vissute. E queste influenzano ogni cosa della quotidianità. Inshallah (cioè “se Dio vorrà”) è ben più di un modo di dire, è uno stile di vita e, dal nostro punto di vista, anche una mancanza cronica di efficienza e spesso anche di regole. Bisogna quindi avere la tolleranza di non aspettarsi standard occidentali per molte cose e il rispetto di un modo di vedere le cose che non è il nostro.

 

Sono curiosa di sapere come si svolge una tua giornata…

 

Non avendo impegni di lavoro, ho la fortuna di poter scegliere cosa fare ogni giorno. Coltivo diversi hobby e faccio un po’ di sport: nel compound ci sono molte opportunità, visto che abbiamo diverse piscine, una bella palestra e campi attrezzati per qualsiasi sport possibile. Sto anche studiando l’arabo che non è necessario sapere, ma è sicuramente utile. Seguo un corso online con un insegnante italiano, il sito di riferimento è www.corsiarabo.com. Un’altra attività a cui tengo molto e che mi sta dando delle soddisfazioni è il mio blog: www.camelcrossingksa.blogspot.com. Ho iniziato a scrivere con l’obiettivo di “fotografare” le sensazioni e le impressioni che avevo nell’impatto con le diversità di questo Paese e della sua cultura. Inaspettatamente ha riscosso un discreto successo e ho diversi affezionati lettori, interessati al mondo arabo, oltre ad alcune persone che invece necessitano di informazioni più pratiche su questo posto, magari perché hanno ricevuto un’offerta di lavoro. Oltre a tutto ciò, fortunatamente gli orari di lavoro di mio marito gli lasciano molto tempo libero a disposizione, quindi già dal primo pomeriggio siamo insieme. Utilizziamo questo tempo per i normali adempimenti di una famiglia che qui, con il fatto che noi donne non possiamo guidare, vanno pianificate insieme. In genere usciamo insieme dal compound, anche se non esistono svaghi come li intendiamo noi: non ci sono luoghi di aggregazione, i cinema non esistono, non ci sono pub o luoghi per bere un aperitivo..non esistono proprio gli aperitivi, perché l’alcol è vietato! Ci sono diversi ristoranti, ma dobbiamo scegliere quelli che hanno una Family Section, ovvero una sezione del ristorante separata da quella riservata agli uomini singoli, sempre in nome della massima segregazione tra i generi. Nel centro città ci sono diversi negozi, ma la gente generalmente preferisce andare nei centri commerciali, anche per ragioni climatiche: vuoi mettere il caldo umido della città con il fresco del centro commerciale? Ed è quindi l’attività preferita dai sauditi.

 

Hai costruito dei buoni rapporti con la gente locale?

 

Purtroppo non ci sono molte occasioni di incontro e di scambio. E’ anche un fatto culturale, per il quale le interazioni tra uomini e donne sono vietate e quelle tra donne, saudite ed occidentali, non sono sempre possibili. Ho frequentato dei corsi in un bel negozio del centro e quella è stata una bellissima opportunità per poter stare a contatto con delle donne saudite, poter interagire con loro e vederle senza maschera e senza abaya! E’ stata un’occasione molto interessante ed è stato bello vedere come sotto tutto quel velo nero, siano vestite in modo molto colorato e siano ben truccate. Ho notato però come molte di loro siano piuttosto riservate e nonostante la libertà di essere tra donne, non è stato possibile instaurare un clima più confidenziale.

 

 

Ti sei mai trovata a vivere situazioni in cui ti ha penalizzata il fatto di essere un’occidentale?

 

Considerando il contesto direi di no, anzi. Come espatriati abbiamo molti privilegi, siamo quasi sempre trattati molto bene. Certo è che si tratta di un grande Paese e in molte zone non sono proprio abituati a vedere occidentali. Alcuni mesi fa abbiamo fatto un viaggio di 4.000km nel nord del Paese, in quasi tutte le cittadine dove siamo stati, di occidentali non ne devono aver mai visti molti. Siamo quindi stati sempre accolti con curiosità, spesso è stato un disagio essere l’oggetto degli sguardi insistenti di gruppi di persone (soprattutto su di me, unica donna non velata nel raggio di centinaia di chilometri), ma alla fine siamo sempre stati trattati con rispetto, ovviamente sempre nell’ambito delle loro usanze. E aggiungo poi che l’essere italiani è sempre una bella carta da giocare! Gli arabi ci amano molto, conoscono benissimo il nostro calcio e la Ferrari; insomma devi sempre parlare delle solite cose (Del Piero va alla grande!), ma è un bel modo per rompere il ghiaccio. Ovviamente tutte queste discussioni hanno riguardato esclusivamente mio marito; essendo io donna, difficilmente mi ci si rivolge direttamente.

 

Quali sono le cose e le situazioni da evitare assolutamente?

 

Bisogna rispettare gli usi locali, evitando di attirare l’attenzione. Soprattutto per le donne, è opportuno cercare di stare sotto le righe: negli altri Paesi del Medio Oriente, dove ci sono maggiori scambi con il nostro mondo, le donne occidentali vengono considerate una sorta di “terzo sesso”, non ci si aspetta lo stesso comportamento che ci si aspetta dalle donne del posto. Ma questo non è ancora così in Arabia Saudita, dove ancora c’è un certo imbarazzo nel parlare con noi. Durante il Ramadan, è ancora più importante seguire e rispettare le regole. E’ il mese sacro, durante il quale i musulmani devono osservare il digiuno completo durante le ore di luce. E’ evidente che i non musulmani non devono attenersi alle stesse regole, ma in ogni caso è assolutamente vietato anche per noi bere o mangiare in pubblico. Bisogna fare molta attenzione ed evitare anche gesti automatici quali il mettere in bocca una caramella!

 

Cos’altro ci racconti dell’Arabia Saudita?

 

Agli expat che vengono a lavorare qui, viene sempre offerto un pacchetto di benefit dall’azienda che comprende anche l’alloggio, che può essere in forma di un rimborso delle spese di un compound (non possiamo vivere al di fuori di questi) oppure di una casa vera e propria. La maggior parte delle cose costano un po’ meno che in Italia, qui non esistono tasse né IVA, ma le cose che da noi sono care, lo sono anche qui. Le cose che costano meno qui sono la benzina e la manodopera, pensa che la benzina in Arabia Saudita costa circa 10 centesimi al litro e il prezzo è fermo da anni! Anche la manodopera costa proprio poco: si tratta di qualche milione di immigrati dal subcontinente indiano (India, Bangladesh, Sri Lanka) che vengono a lavorare qui per pochi Saudi Ryals (la moneta locale è il Reale Saudita). Sono tantissimi e svolgono qualsiasi tipo di lavoro che noi nemmeno immaginiamo. Tra i più strani cito il Tea Boy, il ragazzo che in un ufficio si occupa di fare tè e caffè per tutti e gira tutto il giorno con vassoio e tazze e il Trolley Boy, il ragazzo che al supermercato ti porta il carrello alla macchina e carica i sacchetti. Queste persone lavorano veramente per stipendi bassissimi, ma si danno un gran daffare e riescono non solo a farseli bastare, ma anche a mandarli a casa alle proprie famiglie. Per avere un’idea, un tea boy può guadagnare attorno ai 70-90 euro al mese, mentre un autista (spesso le famiglie saudite ne hanno uno a disposizione delle donne della famiglia) prende circa 250 euro al mese. Vivere in Arabia Saudita ovviamente ha i suoi pro e i suoi contro, dipende molto dall’individuo. Alcuni sono scappati nottetempo da qui, altri vivono qui da oltre 30 anni e ci stanno benissimo. Per quello che ci riguarda, anche noi stiamo bene e speriamo di poterci rimanere ancora qualche anno almeno.

 

E per quanto riguarda l’aspetto culturale e religioso?

 

Il Regno dell’Arabia Saudita è una monarchia assoluta islamica. La religione è in ogni cosa, in ogni fatto della vita e della giornata. Per esempio, tutte le attività devono obbligatoriamente fermarsi durante le 5 preghiere della giornata, quindi i clienti dei negozi normalmente vengono fatti uscire, le serrande vengono chiuse e tutto si ferma per il tempo della preghiera (dai 20 ai 40 minuti). Se non chiudessero, andrebbero incontro a dei problemi seri, nel caso in cui i mutawa (una sorta di polizia religiosa) vedessero e denunciassero la cosa. I mutawa sono abbastanza temuti, hanno molto potere in un Paese dove l’unica legge che c’è è quella della Sharia, dove le pene corporali (frustate), compresa la pena di morte sono normalmente applicate. Aggiungo però che la Sharia è la legge islamica che viene applicata per i musulmani, non per i non-musulmani occidentali, ma è bene comportarsi secondo le regole di questa cultura, per opportunità oltre che per rispetto.

 

 

Cosa puoi dirci, invece, riguardo alla situazione sanitaria e alla sicurezza?

 

La sicurezza è un tema molto importante, assolutamente da non sottovalutare. Pensiamo che gli attentati dell’11 Settembre 2001 sono stati posti in essere da sauditi e che in Arabia stessa ci sono stati dei sanguinosi attentati contro occidentali, anni addietro. Il governo saudita ha un’ efficace rete di intelligence antiterrorismo, ma quindi è una risposta ad un reale pericolo. Le compagnie che impiegano personale occidentale hanno normalmente un servizio che si occupa della sicurezza dei dipendenti, mantenendo aggiornati piani di emergenza. Per quanto riguarda la sanità, è ottima, con standard occidentali, non c’è alcun pericolo per la salute e gli ospedali sono quasi tutti affidabili. Ovviamente è tutto a pagamento, infatti l’assistenza sanitaria tramite assicurazione è normalmente prevista in tutti i pacchetti, offerti dalle imprese che assumono. Una cosa che mi ha colpito molto è stato proprio il numero di ospedali presenti qui. Certe abitudini alimentari e di stile di vita dei sauditi ha comportato la diffusione di alcuni problemi di salute ricorrenti. Il diabete sopra tutti: in Medio Oriente è una vera epidemia che coinvolge percentuali preoccupanti della popolazione. E’ dovuto allo stile di vita particolarmente sedentario e ai cibi che sono pieni di zucchero (anche nel pane!).

 

Hai affermato di essere partita con un bagaglio di 33 kg, “solo l’essenziale”.….A cosa non hai rinunciato?

 

Al cibo soprattutto! Sarà che siamo un po’ viziati da questo punto di vista, ma ad alcune cose non voglio rinunciare. Alcuni prodotti li porto dall’Italia, come il parmigiano e il dado vegetale, che qui o non si trovano oppure sono di pessima qualità. A casa si mangia all’italiana, anche se il mio modo di cucinare è stato un po’ contaminato dalla cucina indiana e mediorientale, che è poi la cucina che preferiamo quando andiamo al ristorante. La cucina mediorientale, principalmente libanese, è buonissima, mentre quella saudita è piuttosto priva di fantasia. Il piatto tipico saudita è la kabsa: un grande vassoio di riso con carne di pollo, cammello o agnello, che nella tradizione viene mangiato con la mano destra.

 

Quale aspetto invece invidi alla terra che ti ha ospitato?

 

Il deserto. Sono un’amante del deserto, delle notti in tenda a guardare le stelle, della sensazione di essere piccoli piccoli, che si prova stando in mezzo al niente. Per il resto, nonostante tutto, penso che l’Italia sia il più bel Paese del mondo.

 

Per quanto tempo rimarrai in Arabia Saudita?

 

Non lo sappiamo con certezza, ma noi speriamo il più a lungo possibile. Devo dire che qui ci sentiamo tutti un po’ “provvisori”, per diversi motivi. Al di là del fatto che il cliente, può decidere in qualsiasi momento di tagliare una posizione o una persona, c’è il fatto che in questo Paese si può stare solo se si ha un permesso di lavoro, quindi non è possibile pensare di rimanerci per sempre. Per tutti quanti c’è un momento in cui si lascerà il Paese con il visto di sola uscita.

 

 

 

 

E poi? Dove e come vedi il tuo futuro?
 

Di quello che potrà succedere dopo è difficile pensarci ora. Al momento non vediamo un nostro rientro in Italia: vivendo all’estero forse si osservano con maggiore chiarezza i pro e contro del proprio Paese, che peraltro ci sono in qualsiasi posto. Al momento sopportiamo bene la mancanza dei “pro” dell’Italia, mentre non riusciremmo più a convivere con i “contro”. E’ probabile quindi che il futuro sarà comunque all’estero.

 

Che messaggio ti piacerebbe trasmettere con la tua esperienza di vita?

 

Non avere paura di cambiare vita: la maggior parte delle volte il cambiamento è arricchimento e non rinuncia. Si lascia una cosa e se ne trovano cento. L’esperienza di vivere in un Paese diverso dal proprio, ha solo dei “pro” e pochi o nessun “contro”, apre gli orizzonti personali, ci si rende conto di come il nostro modo di vivere sia solo uno dei tanti. Bisogna però sempre proporsi con curiosità e rispetto.

 

Insomma, come dicono gli inglesi: if you don’t shoot, you don’t score.

 

http://camelcrossingksa.blogspot.it/ 

 

A cura di Nicole Cascione