Aprire un’impresa in Danimarca: quali contesti economici?

 

Se è innegabile che il sistema legislativo e fiscale danese sia improntato ad un liberalismo invitante per gli investimenti stranieri e per chi, di conseguenza, volesse accarezzare l’idea di fare impresa da quelle parti, è altrettanto innegabile che il tanto decantato "sistema danese" stia comunque subendo alcuni effetti della crisi globale. Mentre è molto facile percepire la pesantezza della nostra situazione economica, soffrirne, lamentarsene e guardare all’estero, può essere anche molto facile cadere in pericolosi errori di valutazione sulle economie altrui. Sia ben chiaro che non stiamo parlando di una disfatta assimilabile, economicamente e socialmente, a quella che sta investendo i paesi dell’area mediterranea; bisogna però partire da una considerazione puramente dimensionale: la Danimarca ha un numero di abitanti inferiore alla nostra sola Lombardia, il che si riflette su un’economia relativamente "piccola" che non può non rimanere influenzata dall’andamento di altri paesi europei, se non altro, per quanto riguarda la dinamica dell’import – export.

 

Ma andiamo con ordine. Attualmente la Danimarca continua ad avere una politica favorevole verso gli investitori grandi e piccoli che vogliano fare affari sul suo territorio: a fronte di un costo del lavoro piuttosto elevato si trova un clima di regole decisamente veloce e semplificato. Secondo alcuni dati risulta che nella sola Copenhagen vi siano attive più di 2000 imprese straniere. I tipi di società in Danimarca si distinguo in quella che viene chiamata A/S cioè una aktieselskab e una APS e cioè una anpartsselskab assimilabile ad una S.R.L. Nel primo caso, cioè in una A/S, la sua costituzione richiede, tra le altre cose, la presenza di un manager che sia cittadino europeo, pur non residente in Danimarca; un ufficio in loco e l’obbligatorità della revisione dei conti e del bilancio. Per un’impresa individuale non vi è un capitale minimo ma c’è sempre l’obbligo di presentare i bilanci al fisco, pur non avendo l’obbligo della revisione degli stessi. Questo tipo di operazioni sono comunque gestite dall’Agenzia Danese per il Commercio. Solitamente i tempi di registrazione di una società sono decisamente brevi e per tutte le pratiche è possibile consultare il sito www.erhvervsstyrelsen.dk/english/0/12. In questo sito potrete anche trovare informazioni relative agli incentivi fiscali e finanziari rivolte a quelle aziende che fanno impresa in alcune regioni danesi che la Comunità Europea ha designato come "regioni di speciale sviluppo".

Detto questo, in che quadro economico si muove ora un imprenditore sul mercato danese? Gli ultimi dati non sono più brillantissimi, anche se, ripetiamo, non sono tragici come in altri paesi: vi è stato comunque un piccolo calo negli export e nel PIl che, nei primi mesi del 2012 è stato rivisto al ribasso. Come dicevamo prima, tutto ciò, più che ad una diretta responsabilità danese, o ad una crisi strutturale interna, è dovuto al fatto che non è possibile salvarsi da soli in un quadro economico come quello attuale e non solo europeo. A risentirne è stato anche il sistema bancario che, come spesso succede in questi casi, risponde con una stretta su crediti e finanziamenti alle imprese che, inevitabilmente ne risentono. Ma bisogna comunque dire che, nonostante questa situazione non facilissima, il tasso di disoccupazione danese è di più di tre punti in percentuale inferiore al nostro. Uno dei provvedimenti economici del governo danese, per aiutare la ripresa della crescita è quello che prevede un aumento di investimenti pubblici, da qui al 2013, e che coinvolgerà molti settori, con l’obiettivo di creare, secondo alcune stime, circa 20000 posti di lavoro. Nel settore industriale, un altro passo su cui il governo sta puntando, in questo differenziandosi profondamente da noi, è il programma di investimenti che si dichiara intenzionato a fare nel settore della così detta green economy e tutto ciò che le gira attorno, sia in termini di risparmio, sia in termini occupazionali.

In ogni caso le autorità continuano, saggiamente, a rivolgere notevole attenzione agli investimenti esteri: dati del Rapporto Paese Congiunto relativi al secondo semestre del 2011, parlano di imprese a capitale estero che danno lavoro a circa il 18% dei lavoratori del paese, creando il 22% del totale dei fatturati. In questa prospettiva meno miope di quella italica, lavorano alcune agenzie che hanno lo scopo specifico di promuovere tali investimenti: tra le più importanti la "Invest in Denmark" legata al Ministero degli Esteri e la "Copenhagen Capacity": quest’ultima, sempre secondo il rapporto citato prima, solo nel 2011 ha contribuito all’arrivo di 32 nuove aziende nella sola capitale, generando oltre 1300 nuovi posti di lavoro. Insomma, nonostante la crisi chi fa impresa in Danimarca può ancora contare su uno dei più bassi livelli di corruzione dell’intera Europa, una forza lavoro estremamente qualificata, una burocrazia che noi ci sogniamo se solo pensiamo che, per aprire un’attività, ci vuole, udite udite, un giorno.

 

E concludiamo questo viaggio nell’economia danese e nelle imprese che vi operano segnalando, cosa che potrebbe interessare, i settori di eccellenza delle imprese danesi: vere eccellenze e nicchie dall’enorme potenziale sono le aree della biotecnologia, dei prodotti farmaceutici e nell’informatica. La biotecnologia la fa da padrona e la maggior parte di queste imprese si concentra attorno a Copenhagen, area denominata "Medicon Valley". Questo settore può contare su un livello di ricerca eccelso e su finanziamenti che dimostrano una notevole volontà di puntare su questo comparto anche in termini di affari.

 

 

A cura di Geraldine Meyer